15.02.2022
Sami Flavio è lo chef executive del rinomato ristorante The Revolutionary Dining Room & Bar presso l’hotel Hyatt Regency a Sofia. È nato in Svizzera, poi cresciuto in Italia e ha vissuto in diversi paesi in tutto il mondo.
Sua madre è di origine italiana mentre suo padre era di Lione. Lo chef Sami ha imparato l’italiano quando aveva 9 anni. Ha vissuto in Piemonte e Lombardia. Tutti i giorni prendeva il treno da Varese, dove abita sua nonna, per andare a Stresa. Ha mosso i primi passi nella cucina presso l’Istituto alberghiero “Erminio Maggia” a Stresa. Le prime esperienze sono state nei ristoranti sul Lago Maggiore dove andava a lavorare durante l’estate e nei weekend.
A 19 anni si è diplomato ed è subito partito per Londra per lavorare come cuoco presso un ristorante tipico italiano. Fin da allora era attratto dalla cucina moderna e dopo solo due mesi ha lasciato il ristorante italiano dove “i piatti erano proprio tipici tipici” e non c’era possibilità di sperimentare la preparazione di piatti contemporanei. È diventato cuoco presso Carlton Tower Hotel (ex Park Hyatt London).
Foto: Italia dietro l’angolo
– È presso Carlton Tower Hotel che hai avuto il primo impatto con l’alta cucina?
– Sì. Lì ho imparato l’aspetto professionale di questo lavoro che non è soltanto inventarsi il piatto e farlo sembrare bello, ma è tutto quello che c’è dietro: l’organizzazione, la preparazione, l’igiene, la pulizia e un’altra serie di cose e aspetti della professione che il cliente non vede e non può vedere.
Il professionista deve saper riprodurre un piatto sempre nella stessa maniera. Il piatto deve avere sempre lo stesso gusto e la stessa presentazione e deve essere sempre consistente. Se viene preparato per una persona o venti volte durante la cena, deve essere sempre uguale. Per riuscire a farlo sono necessarie costanza, pazienza e tanto tempo perchè il lavoro del cuoco si impara con il tempo.
Foto: Hyatt Regency Sofia
– Quanto tempo si impiega per diventare uno chef?
– Per diventare chef di cucina si impiegano almeno una decina d’anni mentre per diventare chef executive – 15 o 16 anni. Lo chef di cucina è lo chef della cucina di un ristorante a se, mentre lo chef executive è a capo di più reparti e o cucine. Qui nell’albergo di Hyatt Sofia abbiamo il ristorante, il bar, la sala banchetti, la lounge, l’executive lounge, il roomservice. Io sono a capo di tutte queste aree. Poi ogni cucina ha il proprio chef di cucina/responsabile. Il lavoro dello chef di cucina è un lavoro da cuoco con un’esperienza che gestisce il suo reparto. Il lavoro dello chef executive è un lavoro molto più organizzativo e di amministrazione ma ciò non toglie che deve essere presente anche in cucina. Deve preparare, far vedere, insegnare ed essere un punto di riferimento per il team.
– Dove sei andato dopo Londra?
– Sono tornato in Italia, nel cuore di Milano in Piazza della Scala dove ho lavorato presso il ristorante Trussardi, premiato con 2 stelle Michelin. Dopo mi sono trasferito presso Park Hyatt di Milano. Sono seguiti incarichi presso il Park Hyatt di Parigi e Hotel Martinez (Unbound collection by Hyatt) sulla Costa Azzurra a Cannes. Mi sono fatto un’esperienza orientale in Qatar dove sono stato chef in un uno degli alberghi più importanti della zona. Quando sono tornato dal Qatar ho aperto un ristorante sul Lago Maggiore che ho tenuto per 3 anni e mezzo. L’ho venduto quando ho deciso di accettare l’invito di venire a lavorare per Hyatt Regency a Sofia.
– Hai viaggiato tantissimo e hai vissuto in tanti posti diversi. Che cosa ti ha dato questa esperienza?
– Viaggiare e vivere in posti diversi mi ha insegnato che esistono tanti mondi: il mio mondo non è uguale al tuo mondo anche se geograficamente siamo nello stesso posto. Io assaggio sempre volentieri i piatti locali e quello che mi piace di più lo utilizzo nel mio modo di cucinare. Per esempio, dal Qatar mi sono preso le spezie, la za’atar che è un misto di spezie, e la paprika.
Foto: Hyatt Regency Sofia
– Sei cresciuto in Piemonte dove hai fatto i primi passi nella cucina. Quali sono i piatti tipici di questa regione?
– Uno dei piatti tipici piemontesi è il fritto misto fatto con parti meno nobili dell’animale come il cervello e le animelle. In effetti, le interiora si mangiano in tutta l’Italia. Un altro piatto per antonomasia della cucina piemontese è il risotto. Il Piemonte ha tantissime risaie, così come la Lombardia, ed il riso del Piemonte è molto buono. La cucina piemontese è molto legata al micro territorio. In ogni territorio ci sono dei piatti molto tipici. Se si va verso Alba, per esempio, si fanno la tartare di manzo al tartufo e la polenta al tartufo. Nella parte orientale dove ci sono il Lago Maggiore e Novara c’è la paniscia novarese: un “risotto” molto ricco che si prepara con la salsiccia ed i legumi. In Piemonte si usano tante erbe e le foglie di cavolo e di verza.
– La cucina italiana è famosa in tutto il mondo soprattutto con la pasta e la pizza. Com’è in realtà la cucina italiana?
– Fondalmentalmente, la cucina italiana nelle varie regioni è una cucina semplice ma gustosa, fatta con ingredienti semplici. Nel Piemonte, per esempio, mettevano in centro della tavola la polenta ed i diversi condimenti da mangiare insieme alla polenta. Ciascuno si serviva la polenta nel proprio piatto e ci metteva il condimento che preferiva. Un altro piatto tipico della cucina casalinga Piemonte è il riso “bollito” con sopra il burro e la salvia, per far capire quanto fosse poco lavorata e semplice la cucina. Questo è un piatto veramente tipico e si chiama riso in cagnone. Ci sono tanti ristoranti che lo propongono. Questi piatti, però, a casa non li fa quasi piu nessuno.
L’evoluzione della cucina italiana in maniera elegante, diciamo, è avvenuta nel Dopoguerra, quindi dagli anni 70/80 in poi. Mentre i ristoranti di eccellenza in Francia esistono da diversi secoli, questo non si può dire dell’Italia.
– Negli ultimi anni si parla tanto della cucina gourmet che spesso viene associata a porzioni minuscole. Che cos’è la cucina gourmet?
– La cucina gourmet la buona cucina. Esiste la cucina classica che può essere base o gastronomica, cioè ad un alto livello. Per esempio, ci sono degli chef francesi come Paul Bocuse che fanno una cucina di altissimo livello che è classica. Ci sono altri chef, come Cracco che ha un ristorante nel milanese molto quotato, e Massimo Bottura, che fanno una cucina gastronomica non classica. Possono ispirarsi ai piatti classici però propongono un’interpretazione propria e piatti ripensati dal loro proprio punto di vista.
La cucina classica è fare, per esempio, una shopska salata di altissimo livello ma sempre uguale, con i pomodori, i cetrioli, i peperoni crudi ed il sirene sopra. Si può fare anche una shopska salata interpretata dallo chef e riproposta in maniera diversa, con gli stessi ingredienti ma lavorati in modo diverso.
L’alta cucina è la cucina fatta per bene. Può essere fatta di un hamburger di altissimo livello e allora diventa alta cucina. L’alta cucina può essere di tante cucine diverse, dalla classica alla contemporanea.
Foto: Hyatt Regency Sofia
– Che cosa consiglieresti alle persone che vogliono diventare chef?
– Tanta panzienza. Il percorso per diventare uno chef è lungo e non possono essere prese le scorciatoie. Se si ha fretta, prima o poi le lacune accumulate verranno fuori una volta diventati chef. Per questo motivo ci vuole tantissima pazienza, investire tanto tempo in cucina ed essere coraggiosi a continuare e non lasciare. Tante persone cominciano e dopo un anno o meno lasciano perchè è troppo impegnativo per loro e non hanno la vita privata. Sì, è vero, si lavora tutto il giorno e quando gli altri festeggiano però questa è una scelta. Se una persona vuole diventare uno chef non riterrà un sacrificio, lavorare la sera e nel weekend. Se invece questo viene percepito come un peso vuol dire che questo lavoro non va per la rispettiva persona.
Chi vuole diventare uno chef, prima di iniziare questo percorso, deve documentarsi bene a che cosa va incontro. Un libro che consiglierei di leggere è il libro di Anthony Bordain “Kitchen confidential”. È un libro che si legge molto facilmente ed illustra gli stereotipi dei cuochi. Nel libro Anthony Bordain racconta dei suoi primi passi nel mondo della cucina e di tutte le realtà che ha visto.
– Quali sono le ultime tendenze gastronomiche?
– Secondo le mie osservazioni sulla cucina italiana negli ultimi anni, i nuovi chef mettono molto in avanti la cucina italiana senza ispirarsi alle cucine straniere. È una conquista che i giovani chef vogliano dare valore alla cucina italiana pura e riproporre i piatti della propria infanzia nell’attuale periodo. Si deve prendere in considerazione che le cose ed il mondo cambiano. Non è detto che una cosa che andava bene 30 anni fa andrà bene anche oggi. Il mondo si evolve e va avanti.
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